Dal 24 al 26 ottobre 2025, Art Basel Paris ha trasformato il Grand Palais in un laboratorio di idee, riunendo 206 gallerie provenienti da 41 paesi. Quest’anno, il filo conduttore era chiaro: un ritorno alla materia. Argilla, tessuti, metallo e vetro ricorrevano ovunque, non come decorazione, ma come dichiarazione d’intento. Le sculture monumentali di Simone Leigh univano la forza della ceramica a una riflessione sulla memoria e sull’identità, mentre Billie Zangewa continuava a raccontare la vita quotidiana ricamandola su seta grezza, con un’intimità che resiste all’omologazione industriale. Nella navata centrale, Haegue Yang intrecciava corde e metallo in strutture geometriche che univano rituale e modernità. Intorno, le opere di El Anatsui, Sonia Gomes e Danh Vō confermavano la stessa tensione: quella di un’arte che trova nel gesto fisico, nel processo stesso del fare, la propria narrazione culturale.
Il nuovo orientamento del mercato
Il mercato dell’arte riunito a Parigi rifletteva un riequilibrio globale. Dopo anni di eccessi spettacolari e acquisti speculativi, i collezionisti sembrano oggi cercare prove tangibili di lavoro, autenticità e competenza. Secondo i rapporti, le vendite mondiali d’arte sono diminuite di circa il dodici per cento nel 2024, ma l’atmosfera della fiera non era di incertezza: era di selezione. Le conversazioni si concentravano su provenienza, processi e su quel tipo di dettaglio che nessun algoritmo può riprodurre. Le gallerie si sono adattate a questo cambio di prospettiva. Hauser & Wirth ha affiancato opere storiche di Gerhard Richter a nuovi lavori realizzati in ceramica e pittura manuale, mentre Mendes Wood DM presentava sculture capaci di unire artigianato e pensiero concettuale. Nella sezione emergente, i giovani artisti sperimentavano con intrecci, tinture e strutture modulari, segno che la pratica manuale è diventata ormai un linguaggio autonomo.
Oltre la fiera, Art Basel Paris si è estesa in tutta la città, con installazioni al Palais Royal, al Petit Palais e lungo Avenue Winston Churchill. Al Palais d’Iéna, il progetto di Helen Marten, che intrecciava scultura, film e coreografia, rifletteva sul corpo come strumento e archivio. Questa presenza diffusa ha segnato un passaggio verso un ecosistema più integrato, dove artigianato, moda e arti visive convivono nello stesso discorso culturale. COY Eyewear era lì per osservare e comprendere come gli artisti trasformano la materia in linguaggio, e come quegli stessi gesti trovano eco nella costruzione di una montatura; la prova che arte e artigianato restano due forme di una stessa lingua.
"Art Basel Paris ha rivelato una sottile tensione tra il gesto umano e la creazione algoritmica: mentre l’intelligenza artificiale perfeziona l’imitazione, la mano riconquista il suo posto come espressione autentica del pensiero."